In un’epoca segnata da trasformazioni profonde nel modo in cui le persone si incontrano, si scelgono e si lasciano, emerge con forza una nuova forma relazionale: la situationship. Il termine, ormai entrato nel lessico delle generazioni più giovani, definisce uno stato relazionale ambiguo, sospeso tra l’amicizia e la relazione romantica, ma privo di una definizione condivisa e, soprattutto, privo di un impegno esplicito.
Si tratta di un fenomeno che affonda le sue radici nelle dinamiche culturali, psicologiche e sociali contemporanee, offrendo uno specchio fedele del nostro tempo e dei modi in cui l’adolescenza e la prima età adulta affrontano il tema delle relazioni.
Una relazione senza nome: che cos’è davvero una situationship
La situationship non è semplicemente una relazione non definita. È un legame che può contenere elementi affettivi, sessuali, e una certa dose di intimità emotiva, ma che sfugge alle categorie tradizionali. Non è un flirt passeggero, né una relazione stabile: è qualcosa che si sviluppa nel tempo, a volte per mesi, senza mai trovare un contenitore concettuale chiaro.
Questo tipo di legame può nascere tra amici che iniziano a condividere una dimensione più intima, oppure tra persone che si frequentano con una certa regolarità, vivono momenti intensi, ma non si definiscono “coppia”. La mancanza di chiarezza, però, non è un semplice vuoto: è spesso una scelta implicita, una strategia relazionale che mira a evitare la responsabilità, l’impegno o il rischio della sofferenza.

Scenari tipici: tra il desiderio di connessione e la paura della definizione
Un esempio comune di situationship è quello di Giulia, 24 anni, che frequenta Luigi da circa cinque mesi. Si vedono regolarmente, condividono la quotidianità, si supportano emotivamente e hanno rapporti sessuali. Eppure, ogni tentativo di chiarire “che cosa siamo” si arena in una battuta, in un cambio di discorso, o in una dichiarazione di vaghezza: “Stiamo bene così, perché complicare le cose?“. Giulia, inizialmente d’accordo, inizia a sentirsi confusa e vulnerabile. Ha paura di chiedere di più per timore di perdere ciò che ha, ma al contempo si accorge che questo non le basta più.
Un altro scenario è quello di Andrea, 21 anni, che si sente coinvolto emotivamente in una frequentazione iniziata su Tinder. Condivide momenti intensi con Martina, ma sa che lei ha altri legami simili in corso. Quando Andrea prova a esprimere i suoi sentimenti, riceve risposte elusive: “Mi piace stare con te, ma non sono pronta per qualcosa di serio“. Così, resta intrappolato in un limbo emotivo, in cui il desiderio di esclusività si scontra con una cultura che premia la fluidità e l’autonomia.
Adolescenza e nuove forme relazionali: tra libertà e precarietà
L’adolescenza e la prima età adulta sono momenti cruciali nello sviluppo della capacità di instaurare relazioni affettive significative. In questa fase della vita, si sperimentano i primi legami amorosi, si costruiscono le prime forme di intimità e si definiscono – spesso implicitamente – le aspettative sul modo di amare ed essere amati. In questo contesto, la situationship può rappresentare sia un’opportunità di esplorazione che un fattore di rischio.
Per alcuni, essa è uno spazio di libertà, un modo per conoscersi senza pressioni, per vivere la relazione con leggerezza. Per altri, invece, può essere un’esperienza ambivalente, dove l’assenza di definizione genera insicurezza, dubbi sulla propria desiderabilità e un senso costante di inadeguatezza. La mancanza di chiarezza può rinforzare dinamiche ansiogene e contribuire a sviluppare un attaccamento insicuro, soprattutto nei soggetti che hanno già una fragilità relazionale pregressa.

Rischi emotivi e psicologici della situationship
Uno dei rischi principali di una situationship è la dissonanza tra ciò che si vive e ciò che si desidera. Quando le aspettative non sono condivise, la relazione diventa terreno fertile per fraintendimenti, illusioni e sofferenza. La persona più coinvolta può sentirsi usata, invisibile o incapace di far valere i propri bisogni. Ciò può portare a una graduale erosione dell’autostima e a una visione distorta del proprio valore all’interno delle relazioni.
Non va sottovalutata la ricaduta sulla salute mentale. Stati prolungati di ambiguità affettiva possono contribuire a sintomi depressivi, ansia relazionale e, nei casi più gravi, a manifestazioni di dipendenza affettiva. La difficoltà a chiudere relazioni che non fanno bene è spesso legata alla speranza – talvolta illusoria – che le cose cambino, che l’altro prima o poi “si decida” (con alevato rischio di codipendenza).
Le potenzialità evolutive della situationship
Eppure, non è corretto demonizzare la situationship. Come ogni configurazione relazionale, anche questa può avere un valore, se vissuta in modo consapevole. In alcune situazioni può offrire uno spazio di sperimentazione e crescita, in cui si impara a riconoscere i propri desideri, a negoziare i confini, a tollerare l’incertezza. Può rappresentare una fase transitoria, utile per comprendere meglio se stessi e il proprio modo di entrare in relazione.
Tuttavia, questo è possibile solo se entrambe le persone coinvolte sono capaci di comunicare apertamente, di ascoltare e di accogliere le reciproche vulnerabilità. La consapevolezza è ciò che trasforma una relazione potenzialmente tossica in un’opportunità di maturazione.
Come riconoscere se si è intrappolati in una situationship nociva
Un primo segnale d’allarme è il sentimento di insoddisfazione cronica. Se si vive nell’attesa che l’altro riconosca e restituisca un impegno che tarda ad arrivare, o se si teme costantemente di esprimere i propri bisogni per non “spaventare” l’altro, è probabile che la relazione non sia nutriente.
Anche la mancanza di reciprocità emotiva – ovvero il sentirsi sempre in posizione di richiesta – può indicare una dinamica squilibrata. In questi casi, può essere utile interrogarsi non solo sull’altro, ma anche su ciò che ci tiene legati a una relazione che ci fa sentire piccoli, incerti o non riconosciuti.

Suggerimenti pratici per affrontare una situationship con maggiore consapevolezza
Il primo passo è dare ascolto alle proprie emozioni. Se si avverte disagio, è importante non sminuirlo con frasi del tipo “non è una vera relazione, quindi non ho diritto di starci male”. Tutto ciò che ci coinvolge emotivamente merita attenzione.
È altrettanto importante avere il coraggio di porre domande chiare, anche se scomode. Chiedere all’altro “come vivi questa relazione?“, oppure “cosa cerchi da noi?“, non è un atto di debolezza, ma un esercizio di autenticità. La risposta, qualunque essa sia, permette di scegliere con maggiore lucidità.
Se ci si accorge di non riuscire a staccarsi da una relazione ambigua pur riconoscendone la tossicità, può essere utile rivolgersi a uno psicologo o psicoterapeuta esperto in dinamiche relazionali. L’intervento terapeutico offre uno spazio protetto per esplorare le proprie vulnerabilità affettive, comprendere i modelli interiorizzati e costruire modalità più sane di entrare in relazione.
Verso una cultura relazionale più autentica
La diffusione delle situationship ci costringe a riflettere su come la nostra società affronta i temi dell’intimità, dell’impegno e della costruzione di senso all’interno delle relazioni. Se da un lato la flessibilità relazionale risponde al bisogno contemporaneo di libertà e autorealizzazione, dall’altro rischia di lasciare molti giovani – e non solo – disorientati, soli, e affamati di autenticità.
Per questo è fondamentale sviluppare una cultura relazionale capace di valorizzare la chiarezza, l’ascolto e la reciprocità, senza cadere né nella retorica del “per sempre” né nell’indeterminatezza paralizzante del “vediamo che succede”. Le relazioni, per essere fertili, hanno bisogno di parole, di coraggio e di verità.
In un tempo in cui l’amore sembra spesso sfuggente, la scelta più rivoluzionaria resta quella di nominare ciò che si prova, di esporsi con gentilezza, e di riconoscere che ogni relazione merita rispetto – anche quando non è destinata a durare.
In caso di smarrimento o disagio legato alle relazioni affettive, è sempre consigliabile un confronto con uno psicologo esperto, per orientarsi con maggiore consapevolezza e prendersi cura di sé in modo competente e rispettoso.
Riferimenti bibliografici
- Bauman, Z. (2003). Amore liquido. Sulla fragilità dei legami affettivi. Laterza.
- Illouz, E. (2012). Perché l’amore fa male. Universale Economica Feltrinelli.
- Gabbard, G. O. (2010). Psicodinamica delle relazioni amorose. Raffaello Cortina.
- Mitchell, S. A. (2002). Amore e psicoanalisi. Bollati Boringhieri.
- Tronick, E. (2007). The Neurobehavioral and Social-Emotional Development of Infants and Children. Norton.
- Fonagy, P., & Target, M. (2003). Attaccamento e funzione riflessiva. Raffaello Cortina.
- Westen, D. (1999). Psicologia dinamica. Il Mulino.
- Scabini, E., & Cigoli, V. (2000). Famiglie e generazioni. Il Mulino.
- Santarnecchi, E. (2021). Digital intimacy: affetti, sessualità e relazioni nell’era delle app. FrancoAngeli.
- Dr. A. Shaji George (2024), Escaping the Situationship: Understanding and Addressing Modern Relationship Ambiguity Among Young Adults. Partners Universal International Innovation Journal, 2(3), pp. 35–56. DOI: 10.5281/zenodo.11298549
Crediti immagini: freepik, rawpixel.com